TRANSIZIONE ENERGETICA, PASSA DA QUI IL FUTURO DELLA TERRA

Transizione energetica. Una definizione ormai entrata nel linguaggio corrente, ma di cui pochi conoscono davvero il significato e le complessità che questo processo comporta. Prima di tutto: cosa significa esattamente transizione energetica? È il passaggio dalle fonti fossili (come petrolio, carbone e gas, che oggi soddisfano ancora l’80% dei consumi globali) a un mix energetico meno inquinante basto sulle fonti rinnovabili. Questo passaggio può essere totale o parziale e può avvenire più o meno lentamente, ma la rapidità con cui si stanno manifestando i cambiamenti climatici (a cui si aggiunge il prezzo del gas e la necessità di svincolarci dall’import del gas russo) ci indica che la transizione energetica deve essere fatta il più in fretta possibile. Una sfida persa in partenza? No, un obiettivo difficile ma che con le attuali tecnologie è possibile raggiungere.

La transizione energetica è indispensabile per ridurre le emissioni
A determinare il climate change, la cui conseguenza più evidente è il riscaldamento globale, è l’effetto-serra causato da alcuni gas immessi in atmosfera, denominati “climalteranti”, tra cui i principali sono l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4).
L’utilizzo di combustibili fossili ai fini energetici è il principale responsabile dell’aumento delle emissioni di CO2 che oggi ha raggiunto livelli allarmanti; basti pensare che lo scorso maggio l’agenzia statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) segnalava un valore di 421 ppm (parti per milione). È un valore mai raggiunto, da confrontare con l’epoca preindustriale, quando i livelli di CO2 nell’atmosfera si aggiravano attorno ai 280 ppm. È facile intuire come proseguire su questa strada senza mettere in campo azioni decise per velocizzare la transizione energetica rappresenti una sorta di “suicidio collettivo”.

Le conseguenze dell’effetto-serra
Trattenendo il calore in atmosfera, l’effetto-serra determina cambiamenti climatici che si manifestano innanzi tutto con l’aumento della temperatura globale. Il climate change è reale, è causato in gran parte dalle attività umane e tutti possiamo vederne gli effetti: dalla fine del 1800 ad oggi la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1°C. Come sottolinea l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) l’aumento più rapido è però avvenuto negli ultimi cinquant’anni, con un trend di circa 0,2°C per decennio.
L’aumento della temperatura è direttamente correlato con altri elementi con cui si manifesta il climate change:
– siccità e rischio desertificazione per le regioni tropicali;
– scomparsa dei ghiacciai (tra il 1993 e il 2016 anni la Groenlandia ha perso oltre 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno);
– aumento della frequenza di fenomeni metereologici estremi;
– innalzamento e aumento dell’acidità degli oceani: il livello è aumentato di circa 20 centimetri in un secolo, mentre l’acidità è aumentata del 30% dall’inizio della rivoluzione industriale;
– cambiamento degli ecosistemi animali e vegetali, rischi per l’agricoltura.

Gli obiettivi internazionali per la transizione energetica
Nella conferenza internazionale sul clima di Parigi (COP 21, tenutasi alla fine del 2015) 195 Paesi hanno indicato come obiettivo il contenimento dell’aumento della temperatura media mondiale entro i 2°C rispetto ai livelli preindustriali, puntando al limite di 1,5°C.
Proseguendo con le attuali politiche governative, tuttavia, questo obiettivo appare molto lontano, perché l’economia globale dovrebbe riuscire a tagliare la sua “intensità di carbonio” (ossia la quantità di carbonio emessa per unità di energia consumata) del 6,4% l’anno fino al 2100. Il problema è che le politiche messe concretamente in campo finora non contemplano una transizione energetica sufficientemente “radicale”. A distinguersi in senso positivo è solo l’Europa con il suo piano per il clima Fit for 55 e con gli obiettivi del progetto REPowerEU che propone di ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 per poi arrivare alla “carbon neutrality” nel 2050. Ma anche in questo caso la strada da percorrere è ancora molto lunga.

E l’Italia? Come espresso dal Sole24Ore: “Abbiamo fatto pochi passi avanti sulla strada che ci avrebbe dovuto allontanare dalla dipendenza energetica”. Non abbiamo tempo da perdere.

L’importanza delle tecnologie pulite come le pompe di calore
Migliorare sensibilmente l’efficienza delle attuali tecnologie che bruciano fonti fossili è una missione (quasi) impossibile, perché sistemi come le moderne caldaie a condensazione per il riscaldamento degli edifici o i cicli combinati delle centrali termoelettriche vantano già rendimenti molto elevati. Percorrere solamente questa strada per portare avanti la decarbonizzazione dell’energia, quindi, appare tecnicamente infattibile.
Cosa abbiamo allora a disposizione per una transizione energetica radicale? Le moderne tecnologie che sfruttano le fonti rinnovabili, soprattutto per quanto riguarda l’elettricità (fotovoltaico, eolico), e parallelamente bisogna spingere – in tutti i settori dove questo è possibile – per l’elettrificazione dei consumi.
Anche a causa del costante aumento della richiesta di energia, le rinnovabili finora hanno solamente affiancato i sistemi di produzione energetica tradizionali basati sulle fonti fossili, non li hanno sostituiti. Oggi, però, le tecnologie rinnovabili e le reti di distribuzione dell’energia elettrica sono più mature, come sottolinea Terna parlando di transizione energetica, e i costi dell’energia prodotta da rinnovabili sono diventati decisamente competitivi e lo diventeranno sempre di più a seguito di dinamiche di economie di scala e di scelte politiche che lo permetteranno. Mentre nel settore industriale la sostituzione delle fonti fossili è più complessa, almeno per i processi che richiedono alte temperature, nel comparto residenziale, commerciale e dei servizi abbiamo ad esempio a disposizione le pompe di calore elettriche per sostituire le caldaie a gas.

Nel frattempo, il fotovoltaico ha fatto grandi progressi in termini di rendimento e di potenza disponibile per metri quadri di superficie dei moduli, mentre si stanno diffondendo velocemente i sistemi di accumulo che permettono di massimizzare il consumo dell’energia elettrica auto-prodotta.

Insomma, dal punto di vista tecnologico la transizione energetica appare oggi davvero possibile.