Category: Novità

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LA VENTILAZIONE MECCANICA CONTROLLATA CON RECUPERO DI CALORE FA EFFICIENZA

Senza areare correttamente gli ambienti, polveri sottili, pollini, sostanze chimiche, muffe, batteri e virus si accumulano nell’aria, per non parlare della scarsa ossigenazione e dell’eccessiva presenza di anidride carbonica. Possiamo aprire le finestre, ma se viviamo in una zona inquinata rischiamo di peggiorare la situazione, oltre a sprecare calore prezioso. La ventilazione meccanica controllata risolve il problema areando in modo continuo i locali e rendendoli sani grazie un’aria di alta qualità ottenuta con la microfiltrazione. La ventilazione meccanica controllata con recupero di calore, inoltre, ha un’altra importante caratteristica: consente di risparmiare energia in casa grazie a particolari dispositivi integrati.

La ventilazione meccanica controllata deve funzionare 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno (un errore molto comune è quello di spegnerla durante la notte!). Proprio come un frigorifero, insomma, che mantiene freschi i nostri alimenti consumando costantemente un piccolo quantitativo di energia elettrica.
I consumi variano in funzione del numero dei ricambi d’aria/ora, quindi, della velocità dei ventilatori che muovono l’aria in ingresso e in uscita. Il riferimento normativo indica per il ricambio d’aria 0,5 vol/ora, valore che permette la diluizione degli inquinanti e della CO2, ma questa portata può essere diminuita, per esempio, se non c’è nessuno in casa, o aumentata nel caso siano presenti diverse persone, ad esempio per una cena o una festa.
Se ora vi state preoccupando di quanto consuma un impianto di VMC, sappiate che dovreste piuttosto chiedervi quanto vi fa risparmiare sui costi di riscaldamento! I consumi sono analoghi a quelli di un frigorifero ma, diversamente da questo elettrodomestico, un sistema VMC con recupero di calore è (anche) uno strumento di efficientamento energetico.
Il recuperatore di calore, infatti, durante l’inverno permette all’aria viziata calda in uscita di cedere energia termica all’aria fredda in ingresso, preriscaldandola. Si riesce a recuperare anche il 90% dell’energia termica che altrimenti andrebbe dispersa, diminuendo così notevolmente il fabbisogno dell’impianto di riscaldamento che, aprendo le finestre, sarebbe costretto a funzionare per riportare a temperatura ambiente l’aria ricambiata.
In estate e nelle mezze stagioni, di notte lo scambiatore di calore può essere bypassato ottenendo un effetto di free-cooling, grazie all’aria esterna più fresca che entra in casa per climatizzare gli ambienti in modo naturale e gratuito.
Per questi motivi oggi l’installazione di impianto di VMC è davvero interessante, perché al vantaggio della qualità dell’aria si aggiunge un risparmio sui consumi energetici in grado di compensare il costo di funzionamento e, almeno in parte, il costo dell’investimento.

Quando si riqualifica un’abitazione, quasi sempre si installano serramenti nuovi ad alta tenuta termica. Questo comporta un risparmio energetico per la minore dispersione di calore, ma crea anche un effetto negativo perché elimina l’areazione naturale causata dagli “spifferi”. Anche nelle ristrutturazioni, quindi, la ventilazione meccanica controllata è fondamentale per prevenire il rischio di condense e muffe.

Ma è soprattutto negli edifici di nuova costruzione che la ventilazione meccanica è particolarmente importante. In questi ambienti, infatti, l’isolamento è tale da creare un ristagno dell’aria pressoché totale che può essere estremamente dannoso se non si arieggiano adeguatamente gli ambienti. Anche in contesti abitativi di alta qualità, dove gli equilibri costruttivi sono molto più “delicati” rispetto al passato, capita che si formino macchie di muffa apparentemente inspiegabili dovute alla presenza di ponti termici, anche minimi, non correttamente isolati. Inoltre, bisogna considerare che oggi gli edifici nuovi vengono realizzati e chiusi in pochi mesi e spesso non si lascia alle strutture il tempo necessario per liberarsi di tutta l’umidità, con possibili danni che emergono nei primi anni di vita dell’immobile. La VMC risolve anche questo problema, occupandosi di “asciugare” la casa.
In un edificio nuovo con alte prestazioni energetiche e magari dotato di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la VMC con recupero di calore rappresenta il complemento impiantistico fondamentale per mantenere il comfort ottimale, la salubrità degli ambienti, la qualità dell’immobile negli anni e (ultimo ma non meno importante) per consentire il risparmio energetico.

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COME CAPIRE QUANDO È ARRIVATO IL MOMENTO DI SOSTITUIRE LA CALDAIA?

Se si possiede un apparecchio “datato” probabilmente ci si pone questa domanda ogni volta che sta per arrivare la stagione fredda e si deve accendere il riscaldamento, rimandando magari la decisione all’anno successivo. Invece, è sempre opportuno fare le valutazioni del caso per non ritrovarsi costretti a procedere in tutta fretta.
In linea di massima, una caldaia può durare più di 15 anni, ma con il passare del tempo possono intensificarsi episodi di malfunzionamento che, oltre a lasciarci al freddo, fanno aumentare le spese per le riparazioni. Inoltre, una caldaia a condensazione consuma meno facendoci risparmiare in bolletta.

Esistono i segnali che dovrebbero convincere anche i più indecisi che è arrivato il momento di sostituire la caldaia:
– malfunzionamenti ripetuti che penalizzano il comfort e richiedono l’intervento dell’assistenza;
– riparazioni e sostituzione di componenti che non sono economicamente vantaggiose (il classico caso in cui si pensa “non ne vale la pena”);
– diminuzione dell’efficienza e aumento dei consumi, quindi delle bollette del gas, senza che ci sia stato un cambiamento nell’utilizzo della caldaia;
– incapacità della caldaia di garantire un adeguato comfort sanitario.

Sostituendo la vecchia caldaia con un generatore di ultima generazione si ottengono molti vantaggi, che possono essere riassunti in una maggiore affidabilità e sicurezza, in un netto miglioramento dell’efficienza con una conseguente riduzione dei consumi e in un contributo positivo alla tutela ambientale. Senza dimenticare l’aumento del comfort che si ottiene grazie alle funzionalità della caldaia abbinata alla nuova regolazione.
Dal 2015 i produttori possono immettere sul mercato solamente caldaie a condensazione; quindi, se decidi di sostituire la caldaia mantenendo lo stesso tipo di generatore di calore, oggi dovresti trovare sul mercato solo prodotti basati su questa tecnologia. Chi propone una caldaia non a condensazione sta fornendo un consiglio da non seguire.
Le caldaie a condensazione hanno rendimenti elevati e apportano risparmi, rispetto a un generatore obsoleto, che possono arrivare al 20-30%, se abbinate a sistemi di regolazione ambiente “smart”. Il risparmio maggiore si otterrà, in particolare, con i pannelli radianti a pavimento che funzionano a bassa temperatura, ma si possono ottenere ottimi risultati anche con impianti a radiatori.

Decidendo di sostituire il generatore è possibile optare anche per tecnologie diverse come generatori di calore in pompe di calore, che sfruttano fonti rinnovabili, e i sistemi ibridi (o caldaie ibride), che abbinano una caldaia a condensazione a una pompa di calore.
La sostituzione della caldaia con un sistema ibrido o con una pompa di calore permette di ottenere un risparmio dal 20% al 40% rispetto a una tradizionale caldaia a gas. Installando un impianto fotovoltaico con sistema di accumulo elettrico per alimentare la pompa di calore, il risparmio in bolletta può arrivare fino al 50-60%.

La sostituzione di una vecchia caldaia domestica con generatori di calore efficienti può accedere a diversi incentivi economici:
– Ecobonus per la riqualificazione energetica degli edifici: consente di detrarre dall’IRPEF il 50% o il 65% delle spese se la nuova caldaia a condensazione è almeno in classe A (per il 65% se la caldaia è dotata di sistemi di termoregolazione classe V, VI o VIII);
– Bonus ristrutturazioni: consente di detrarre il 50% delle spese per l’installazione del nuovo generatore di calore;
– Conto Termico: contributo economico che abbatte di costi di acquisto di generatori di calore che utilizzano le fonti rinnovabili, come le pompe di calore, i sistemi ibridi e le caldaie a biomassa;
– Superbonus 110% (scopri la guida al Superbonus 110%): consente di riqualificare le abitazioni unifamiliari e i condomini se si ottiene il miglioramento di due classi energetiche dell’edificio e si effettua almeno un intervento “trainante” (come l’installazione di una caldaia a condensazione classe A, pompa di calore, sistema ibrido).

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I DATI DELL’INDAGINE IPSOS “GLI ITALIANI E L’ENERGIA” REALIZZATA PER LEGAMBIENTE E NUOVA ECOLOGIA.

Sostenibilità, fonti rinnovabili, risparmio energetico, transizione ecologica: sono tutte espressioni ormai entrate nel lessico quotidiano comune. Ma quanto ne sanno realmente i cittadini? Ipsos lo ha chiesto loro nell’indagine “Gli italiani e l’energia” realizzata per Legambiente e Nuova Ecologia, i cui risultati sono stati presentati questa mattina da Andrea Alemanno, responsabile Ricerche Sostenibilità di IPSOS, e Luca Biamonte, direttore Relazioni Esterne e Comunicazione Editoriale Nuova Ecologia, nel secondo giorno del XIV Forum nazionale QualEnergia al Centro congressi di Roma Eventi. La conferenza, intitolata quest’anno “L’ora delle scelte – Le opportunità economiche tra PNRR e transizione energetica”, è organizzata da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club in partnership con Cobat, il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio, e vede confrontarsi sul palco amministratori pubblici, docenti universitari, esperti e imprenditori del settore, oltre che la presenza del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, Enrico Giovannini. La seconda giornata del Forum è inoltre occasione per presentare il dossier “Rinfreschiamoci senza riscaldare il Pianeta 4.0 – I refrigeranti e il clima secondo Legambiente”.

L’indagine “Gli italiani e l’energia”. Interpellato sulle possibili motivazioni dietro al rincaro dell’energia, il 47% degli intervistati ritiene che quest’ultimo sia da attribuire ai Paesi produttori di combustibili fossili e alle logiche geo-politiche correlate; il 37% imputa gli aumenti a una tardiva presa di coscienza del problema e al ritardo negli investimenti sulle fonti rinnovabili; appena il 16%, invece, ritiene che il rincaro sia dovuto a una transizione ecologica costosa. Proprio il tema del costo della transizione energetica, che tanto ha animato il dibattito negli ultimi mesi, polarizza le aspettative degli italiani: a tendere, per circa la metà della popolazione (48%) i costi della transizione saranno alti, per oltre la metà (52%) saranno invece convenienti. Invitati a esprimersi anche in merito alla Cop26, gli intervistati la giudicano per lo più un’occasione non sfruttata appieno, quando non persa.

Più in generale, otto italiani su 10 si dicono familiari con il concetto di sostenibilità. In crescita, rispetto allo scorso anno, quanti dichiarano un buon livello di conoscenza delle energie rinnovabili (il 62%, contro il 55% del 2020), sebbene meno del 10% sostenga di possedere un elevato grado di familiarità con il tema. Tra le fonti rinnovabili, il 77% della popolazione ritiene quella solare la più adatta alla produzione di energia su vasta scala, anche se è in crescita l’attenzione all’eolico off-shore e alla geotermia.

Guardando ai settori che potrebbero favorire uno sviluppo sostenibile, per il terzo anno consecutivo il settore energetico viene riconosciuto come trainante, con il 38% degli intervistati che lo cita al primo posto. Cresce ulteriormente l’importanza attribuita al settore dei trasporti e della logistica e aumenta in modo significativo quella riconosciuta al settore automobilistico.

“L’indagine rivela, da un lato, una crescente familiarità degli italiani con i temi della sostenibilità e dell’energia, dall’altro una conoscenza ancora insufficiente del mondo delle rinnovabili e del ruolo che l’Italia gioca nel settore: quasi un italiano su due percepisce, infatti, che il nostro Paese sia rimasto indietro sul tema, sebbene risulti in linea con la media europea – dichiara il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti – D’altro canto, è rilevante il fatto che oltre la metà della popolazione reputi il ruolo delle rinnovabili positivo in relazione ai costi della transizione energetica e che gli italiani intervistati si mostrino disponibili a rivedere i propri stili di vita e le abitudini di consumo per contrastare il cambiamento climatico”.

“I risultati del sondaggio confermano quella che è la nostra percezione: gli italiani sono sempre più attenti al tema della sostenibilità in tutte le sue accezioni – commenta il vicepresidente del Kyoto Club, Francesco Ferrante – Ed è interessante, per esempio, la nuova sensibilità che emerge sul tema dei trasporti verso forme di mobilità più sostenibili. Particolarmente rilevante il fatto che in larga maggioranza siano consapevoli del fatto che anche gli attuali aumenti delle bollette energetiche non sono certo dovuti alla transizione ecologica e alle rinnovabili, ma piuttosto a una lentezza eccessiva nella fuoriuscita dall’economia basata sui fossili”.

Interrogati sui comportamenti che sono disposti ad adottare per salvaguardare l’ambiente, gli italiani citano al primo posto la scelta di fornitori energetici che utilizzano soltanto fonti rinnovabili – scelta che, accompagnata da misure adeguate, avrebbe ad esempio un importante impatto sulla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento. Seguono, quindi, la sostituzione degli elettrodomestici con altri a ridotto consumo energetico e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti e/o non energivori. Un numero più esiguo di italiani è invece incline a scegliere il trasporto pubblico e i mezzi di sharing mobility per i suoi spostamenti. Un buon numero si dichiara disponibile a risparmiare sull’utilizzo dei riscaldamenti in inverno e su quello dei condizionatori in estate.

Un importante segnale, quest’ultimo, che se tradotto in azioni concrete potrebbe contribuire notevolmente alla transizione energetica considerato che, dopo la CO2, i gas che alimentano le apparecchiature di condizionamento e di refrigerazione sono tra quelli che più incidono sulle emissioni di gas serra in atmosfera.

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L’ITALIA PASSA DAL 15ESIMO AL 13ESIMO POSTO NEL RECAI CHE CLASSIFICA 40 PAESI IN BASE ALL’ATTRATTIVITÀ DI INVESTIMENTI E OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO NEL SETTORE DELLE ENERGIE RINNOVABILI

La 58esma edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (Recai) evidenzia che, nonostante la crisi pandemica, a livello mondiale lo scorso anno gli investimenti in capacità di energia rinnovabile sono cresciuti del 2% mentre le installazioni di capacità rinnovabili sono aumentate del 45% rispetto al 2019, segnalando il tasso di crescita più veloce negli ultimi vent’anni.

L’Italia passa dal 15esimo al 13esimo posto nel Recai che classifica 40 Paesi in base allL’Italia passa dal 15esimo al 13esimo posto nel Recai che classifica 40 Paesi in base all’attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle energie rinnovabili. Scala dunque due posizioni in classica in meno di sei mesi, consolidando il proprio impegno nella transizione energetica.

“Siamo di fronte a un momento cruciale per accelerare la transizione energetica del Paese” commenta Giacomo Chiavari, EY Europe West Strategy and Transaction Energy Leader “grazie alle risorse del PNRR per il settore green. Ma per farlo è necessario consolidare e abilitare i driver di breve e lungo periodo in grado di incrementare lo sviluppo di energia prodotta a partire da fonti rinnovabili”.

Esistono due principali fattori di mercato e di medio periodo che assumono ruoli di rilievo nel mix energetico nazionale. In primo luogo, in termini di capacità produttiva l’Italia si è posta dei target energetici ambiziosi, nonostante gli effetti della pandemia, puntando a raggiungere l’obiettivo di circa 95 GW di capacità installata al 2030, rispetto ai 55 GW di capacità installata finora.

Un altro importante sistema di incentivo sul lungo periodo è dato dalle risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a supporto delle rinnovabili: 4 miliardi di euro per l’incremento di capacità di RES (Renewable Energy Sources) e 1,9 milioni di euro per la produzione di biometano. A questo si sommano 3,6 miliardi di euro a supporto della produzione di idrogeno verde: la strategia nazionale Idrogeno prevede infatti l’installazione entro il 2030 di 5GW di elettrolizzatori e di coprire il 2% dei consumi finali di energia del nostro Paese con idrogeno verde, che rappresenta una leva fondamentale per contribuire a soddisfare gli obiettivi di zero emissioni. Nonostante la grande abbondanza universale di questo gas, per decenni le difficoltà principali risultavano nell’impiegare adeguati processi tecnologici per produrre idrogeno verde, dunque a basso impatto ambientale, con prezzi contenuti.

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SUPERBONUS 110%, LE IPOTESI SULLA PROROGA: COSA SAPPIAMO

Il superbonus 110% per i lavori di efficientamento energetico o le migliorie delle caratteristiche antisismiche negli edifici è stato prorogato al 2023. Il ministro Daniele Franco lo ha confermato nel documento che accompagna la Nota di aggiornamento al Def, dove nel capitolo relativo alla riprogrammazione degli obiettivi di finanza pubblica si legge: «Con la prossima Legge di Bilancio 2022-2024 (…) sarà previsto il prolungamento di diverse misure di rilievo economico e sociale, fra cui il Fondo di Garanzia per le Pmi e gli incentivi all’efficientamento energetico degli edifici e agli investimenti innovativi». A questo punto, non resta che attendere la prima bozza del disegno di Legge di Bilancio, questa volta con un orizzonte temporale più ampio (2022-2024) e poi la discussione in Parlamento prima di mandarla in Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2021. Ma il plauso arrivato da tutte le forze politiche non lascia dubbi che la proroga sia cosa fatta.
Ancora da capire, però, quali saranno le modalità della proroga: se sarà, cioè, immediata (anche per via dei fondi stanziati dal Pnrr) o se invece si attenderà l’approvazione del Consiglio Ue, come era accaduto nella Legge di Bilancio 2021.
Ma per un superbonus prorogato, altri bonus casa stanno per arrivare al capolinea. Vediamo allora le prossime novità.

Come detto, cittadini e imprese avranno più tempo per programmare gli interventi. L’agevolazione, infatti, doveva scadere il prossimo 30 giugno 2022 per le persone fisiche e il 31 dicembre 2022 per i condomini. Proprio quest’estate l’iter burocratico per ottenere il Superbonus 110% è stato semplificato e la norma (articolo 34) prevede che gli interventi incentivati con il Superbonus costituiscano «manutenzione straordinaria» e quindi siano realizzabili «mediante comunicazione di inizio lavori asseverata». Una semplificazione da cui sono esclusi soltanto gli interventi che prevedano demolizione e ricostruzione. Insomma, basta presentare la sola Cila. La decadenza del beneficio fiscale avviene quindi solo come conseguenza per la mancata presentazione della Cila o nel caso gli interventi realizzati siano difformi da quanto dichiarato nella Cila stessa. Porta alla decadenza del beneficio anche l’assenza dell’attestazione degli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione, attestando che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967.

Se sul Superbonus l’idea ormai non ci sono più dubbi, resta da chiarire il destino degli altri bonus dedicati alla casa. L’elenco di incentivi fiscali spazia dalle detrazioni per le ristrutturazioni, al bonus idrico, dall’agevolazione per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici all’ecobonus del 50 o del 65%. Fino al bonus facciate che prevede un credito di imposta sul 90% dell’importo lavori. Molte di queste agevolazioni sono state rinnovate negli anni. In attesa di sapere se sarà così anche questa volta, l’unica certezza è che il termine ufficiale è quello del 31 dicembre 2021, al quale è meglio attenersi per non rischiare di perdere il contributo.

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LIMITARE IL RISCALDAMENTO GLOBALE A +1,5° È POSSIBILE

IL NUOVO RAPPORTO IPCC SULLA SCIENZA DEL CLIMA

Un nuovo rapporto sulla scienza del clima globale, pubblicato il 9 agosto dall’IPCC (Panel scientifico dell’ONU sul cambiamento climatico), ci mette davanti alla scelta di perseguire seriamente l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, definendo in modo molto dettagliato il futuro spaventoso che avremo se oggi faremo le scelte sbagliate.

I TERRIBILI IMPATTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SONO DAVANTI AI NOSTRI OCCHI

Con il riscaldamento globale che ha raggiunto 1,1°C, il mondo sta già vedendo più chiaramente che mai le conseguenze devastanti di un’azione climatica ritardata: dagli incendi in Turchia alle inondazioni in Europa e Cina, dalle ondate di calore in Nord America alla siccità devastante in Madagascar. I progressi della scienza rendono ora possibile collegare direttamente l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi al cambiamento climatico.

RESTARE ENTRO 1,5°C È ANCORA POSSIBILE

Il rapporto conferma che gli esseri umani hanno alterato irreversibilmente il clima del pianeta, ma l’opportunità di invertire la rotta, anche se si va assottigliando man mano che passano gli anni, è ancora possibile se un’azione urgente e forte per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica e proteggere e ripristinare la natura verrà intrapresa immediatamente. 

 “Il rapporto del Gruppo di Lavoro I dell’IPCC arriva in un momento importante in vista della COP26 –ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia– e mette dei punti fermi da cui i negoziatori devono partire: la certezza della portata della crisi climatica e della responsabilità dell’umanità nel determinarla (definita “incontrovertibile”) inclusi quindi gli eventi meteorologici estremi; la consapevolezza di quanto abbiamo cambiato il pianeta e che le cose continueranno a peggiorare a meno che non cambiamo immediatamente rotta. Ecco perché i leader mondiali devono usare ogni opportunità, specialmente il prossimo summit del G20 e la COP 26, per realizzare un’azione climatica che risponda all’ambizione necessaria per assicurare che l’obiettivo di 1,5˚C dell’accordo di Parigi non sfugga di mano.  Non agire subito e con determinazione, quello sì che porterebbe a un autentico bagno di sangue”.

Il WWF auspica l’accordo dei leader su un percorso di cooperazione internazionale e di attuazione dell’azione climatica giusto ed equo per i paesi in via di sviluppo.

IL TEMPO STA PER SCADERE

“Non possiamo permetterci che il futuro di miliardi di persone sia preso in ostaggio dall’ottuso interesse di pochi. I leader devono prestare attenzione alla scienza, perché il tempo sta per scadere. Vorremmo vedere finalmente capacità di guidare il cambiamento a livello globale e a livello nazionale, la salvaguardia del clima e degli ecosistemi da cui dipendono moltissime specie, e sicuramente quella umana, devono diventare la base su cui fondare prosperità ed equità, non un fardello di cui si parla sì, ma che poi si accantona nei momenti delle scelte che contano davvero”, conclude Midulla.